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Il restauro del Clavicembalo
firmato "VIDUS TRASVNTINVS F. MDLXXI"

2. OSSERVAZIONI E IPOTESI

2.1. Parti originali

Per la coerenza tipologica e a seguito di vicendevoli riscontri morfologici, possono senz’altro essere assunti come originali i seguenti elementi dello strumento: i fianchi, parte del fondo, la tavola armonica, il somiere e la sua lastronatura, i due ponticelli del registro di 8’ e le guide dei salterelli. La contro-cassa sembra coeva o di poco posteriore allo strumento.

 

2.2. Parti non originali o di dubbia origine

2.2.1. La tastiera

In accordo con gli autori del restauro del 1970, ritengo che la tastiera attuale non sia quella originale perché le dimensioni non si adattano a quelle del suo vano. E’ evidente, inoltre che le lastrine, i frontalini, i blocchetti d'avorio dei cromatici sono stati applicati ad una tastiera che richiedeva coperture più corte e strette. A tastiera smontata, l’imprecisione nell’incollaggio delle coperture è senz’altro evidente Fig. 10. Queste osservazioni mi portano ad escludere che la tastiera possa essere originale. Per le caratteristiche antiche delle leve dei tasti, tuttavia, ritengo probabile fosse stata asportata da un altro strumento storico (e forse accorciata), e che l’attuale copertura sia stata applicata successivamente.

2.2.2. La tarsia perimetrale

Vanno segnalate alcune incongruenze relative alla tarsia applicata alla cinta del piano armonico. Questa, in alcuni punti rende così difficoltoso l’aggancio delle corde che le relative punte dovettero essere piegate verso l’interno dello strumento; se in più si nota che l’inserimento delle punte d'aggancio sarebbe stato difficoltoso senza danneggiare la tarsia, sorgono legittimi dubbi sull'originalità di quest’ultima (le punte d'aggancio non sono ritenute originali perchè identiche in entrambi i registri di 8'; probabilmente sono databili all'intervento nel corso del quale fu aggiunto il registro unisono).

Inoltre, gli inserti quadriforati d'avorio che compongono la tarsia sono composti di due elementi affiancati, uguali a quelli usati per i frontalini della tastiera; quest'identità suggerisce che la tarsia e la copertura dei tasti furono fatte insieme.

I supporti del traversino, parzialmente incollati sulla tavola armonica, hanno una posizione tanto inusuale quanto nociva per l’integrità della tavola stessa. Sul somiere si osserva pure che l’estremità destra del ponticello originale fu maldestramente accorciata, per far spazio ad uno dei supporti; si arguisce, quindi, che in origine questi non poteveno avere l'attuale collocazione. Non sono presenti altrove i segni di un'antica posizione dei supporti; è perciò realistico dedurre che quelli originali erano fissati alle fasce, e che la tarsia, aggiunta successivamente, ne ha occultato le tracce d'incollaggio.

Notiamo ancora che la tarsia sul traversino non appare minimamente accorciata o modificata ma, anzi, è simmetrica e morfologicamente compiuta, eppure il traversino stesso, nella parte inferiore, sotto il panno, appare lavorato in modo grossolano.

Le circostanze e gli indizi raccolti mi portano a concludere che il traversino e la tarsia non siano autentici.

2.2.3. L'iscrizione

Le considerazioni esposte nei precedenti punti fanno arguire che la firma, apposta sulla tarsia del traversino, non possa essere autentica. Tale argomentazione è corroborata dal fatto che il costruttore veneziano si firmava usualmente Viti de Trasuntinis o Vito de Trasuntinis, nessun altro strumento pervenuto porta la firma Vidus Trasuntinus. Inoltre la lettera F. (abbreviazione di Fecit) che segue il nome, non fu mai usata da Trasuntino ed era inconsueta prima del XVII secolo.

 

2.3. Altre modifiche documentabili

2.3.1. Le guide dei salterelli

Alcune modifiche subite dallo strumento si possono intuire dalle iscrizioni apposte sulle guide dei salterelli. Vedi 1.5.

Le iscrizioni più antiche - BASSI TEENOR, BASSI OTAUA - indicano, verosimilmente, la seguente disposizione originale:

-8'

guida posteriore

4'-

guida anteriore

le iscrizioni successive - I, II, 1, 2 - informano che le guide furono scambiate di posto per avere questa disposizione:

8'-

guida posteriore

-4'

guida anteriore

oppure, più probabilmente:

8'-

guida posteriore

-8'

guida anteriore

Il restauro effettuato nel 1970 ripristinò la probabile disposizione originale, ma la collocazione delle guide dei salterelli fu lasciata inalterata, così che le scanalature nelle mortase vennero a trovarsi in corrispondenza del retro dei salterelli.

2.3.2. L'incordatura

La documentazione di restauro del 1970 descrive un'incordatura differente da quella riscontrata sullo strumento. Vi era infatti riportata un'incordatura in acciaio, mentre sul cembalo sono state trovate in prevalenza corde d'ottone e bronzo fosforoso; certamente più adatte al diapason per il quale l'incordatura fu pensata (documentata in : Tagliavini, L. F. Appunti sugli ambiti delle tastiere in Italia ... Arte nell'Aretino. Arezzo, 1979, p. 29). Tale diapason, di una quarta più grave, fu adottato in relazione alla lunghezza delle corde. Studi successivi, tuttavia, indicarono più probabile che tale lunghezza fosse necessaria per permettere la collocazione negli acuti dei ponticelli del registro di 4', piuttosto che per l'abbassamento del diapason.

 

2.4. Ipotesi per una storia dello strumento

Sulla base delle osservazioni fin qui riportate è possibile delineare, per lo meno a grandi linee, la storia dello strumento.

Le caratteristiche tipologiche delle parti assunte come originali suggeriscono che il cembalo fu costruito nella seconda metà del XVI secolo, presumibilmente a Venezia o in altro centro della Repubblica veneta.

Il cembalo possedeva un ambito da do1/mi1 a fa5 e aveva un registro di 8' e uno di 4'. Incordato presumibilmente in ferro aveva un do3 lungo 352,5 mm. Tutti i salterelli appartenevano al tipo D descritto sopra (Vedi 1.5.1.).

Successivamente, quando le mutate esigenze musicali richiesero due registri accordati all’unisono, la disposizione fu modificata in 2x8’, asportando i ponticelli del registro di 4’, divenuti inutili.

In epoca più recente, l’ambito fu portato a do1 - do5. re5. A questo punto fu inserita la tastiera attuale, prelevandola da un altro strumento la cui estensione, documentata dalla numerazione più remota, era sol0/si0 - do5 (è tuttavia probabile che questo ambito fosse già il risultato di un antico restauro). La nuova tastiera fu adattata al cembalo in modo approssimativo Fig. 11. Forse in questo momento furono aggiunti la tarsia e il traversino, e fu segnata la firma apocrifa.

Nel 1970, la ditta Tamburini di Crema eseguì un restauro durante il quale furono ripristinati l'ambito e la disposizione originali.

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